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lunedì 17 giugno 2013

Camilla is a writer

Oggi intervistiamo un'autrice esordiente (ha esordito qualche mese fa, a dire il vero), che tutti conoscete come Zelda was a writer. She is a writer, in effetti. Il suo romanzo l'ho letto e l'ho amato dal primo istante. Ora lascio la parola a lei, che sa essere poetica anche rispondendo alle mie stupide domande.



-     Farfalle in un lazzaretto è il tuo romanzo di esordio. Quanto è rimasto nel cassetto prima che trovassi il coraggio di farlo leggere?
Buongiorno Cristina e Benedetta! Innanzitutto, grazie per la pazienza con cui avete atteso queste risposte!
 Ho scritto Farfalle in un Lazzaretto nell'estate del 2008, nel pieno di un momento sospeso e - solo con il senno del poi -  pure poetico. Mi trovavo in Liguria, per una vacanza solitaria e piena zeppa di libri.
Marco Robustelli e Agata Lorenzi continuavano ad abitarmi i pensieri: erano giovani e imperfetti, baciati dalla fortuna e con un futuro promettente, eppure, ognuno a suo modo, alla continua ricerca di qualcosa di non chiaro.
Me li portavo sulle spalle, Marco e Agata, e camminavo senza posa, confondendomi tra i turisti, scappando nei carruggi silenziosi, ascoltando i discorsi del sole. Sempre, in ogni momento, continuavo a domandarmi che cosa capitasse alla loro vita, perché si ostinassero a non essere felici, che cosa li trattenesse. Questa cosa, in effetti, mi mandava su tutte le furie!

Un pomeriggio mi sono messa al computer e non l'ho più lasciato. Scrivevo sotto gli alberi spelacchiati di un giardino silenzioso e nascosto. Ricordo che, mentre gli altri tornavano a casa con la sabbia nei piedi, io avevo sempre i capelli pieni di foglie e insetti.

Da lì a farlo leggere a qualcuno - se si esclude la mia socia Clelia - sono passati circa tre anni. Il lavoro, mille incertezze e un eccessivo sentimento di protezione verso le mie parole mi hanno spinto a prolungare questa attesa per molto, moltissimo tempo. Non credo di avere perso tempo: ritengo che ci sia sempre un momento giusto per tutto.

-       Hai avuto contatti con diversi editori, che si sono dichiarati più o meno interessati al tuo lavoro. Come è arrivata la scelta del self-publishing?
La scelta del self-publishing è nata dopo un anno circa di attese e contatti. Ho pensato che il mio unico desiderio - forte e vitale - fosse scrivere e procedere, non fermandomi mai e tentando di fare sempre meglio.
Avevo bisogno di fissare un punto d'inizio, qualcosa che mi rendesse fiera e che, a posteriori, mi permettesse di comprendere l'entità dei passi fatti e di quelli ancora da compiere.
Sono soddisfatta della scelta compiuta, anche se la sua gestione non è stata facile, ma vengo da una famiglia che ritiene che fare sia sempre stato il regalo, molto prima di qualsiasi risultato.

-        Ora che hai liberato i tuoi personaggi ti senti un po' più sola o un po' più viva?
Chiuso il progetto, mi è presa una malinconia indicibile.
Mi mancava disperatamente Cesare Crotti: scrivere di lui è stata un'esperienza meravigliosa!
Ricordo ancora la sua conversazione con Agata, uno dei miei momenti preferiti sul finale del libro. Ricordo tutto, come l'avessi vissuto in prima persona: il buio che sopraggiunge e la nebbia che si alza, Cesare e Agata uno di fianco all'altra, che si perdono nella silenziosa perlustrazione di un punto non ben identificato dell'orizzonte. Ricordo l'abbaiare di un cane lontano e lo sguardo sospeso di questo sedicenne dalle scarpe da tennis sempre troppo grandi.
Lasciarlo non è stato facile, ma poi con il tempo mi è sembrato di avergli dato una vita e, lo confesso, continuo a provare per lui un buffo sentimento da genitore orgoglioso. Spesso me lo immagino protagonista di un'altra storia o il famoso scrittore di un libro indimenticabile.

-     La scrittura è (anche) una forma di crescita personale. In che modo scrivere un romanzo ti ha cambiata?
Sono sempre stata una bambina ipertrofica, nel dire e nell'agire. Iniziavo discorsi senza capo né coda, pensavo di vivere in mondi paralleli e ogni santo giorno ipotizzavo un futuro di imprese al limite dell'eroico. Avrei salvato il mondo, sarei stata una ballerina, avrei giurato amore eterno a un poeta maledetto.
La scrittura – e molto prima la lettura - ha ordinato questa immensa fantasia: non l'ha mai azzerata, l'ha resa “utile”, stimolante, creativa.
Scrivere ha rimesso a posto i pensieri e mi ha fatto scoprire l'affascinante gesto della sottrazione, il difficilissimo cammino verso la semplicità. Essere semplice è, al momento, la mia ambizione più grande.

Permettetemi una veloce premessa.
La mia maestra di disegno delle medie mi consigliava sempre di guardare le opere d'arte strizzando leggermente gli occhi. Diceva che si potevano cogliere sfumature, impasti di colore e dettagli che altrimenti sarebbero sfuggiti per sempre.
Ho disegnato spesso in questo modo, con buona pace della mia miopia. Mi sembrava che fosse un modo magico per guardare alle cose, per farmi arrivare all'essenza del messaggio.
Alcune volte mi sembra che anche i libri siano da guardare con gli occhi strizzati. Spesso, leggendo o scrivendo alcuni periodi, mi accorgo di quanto la scrittura richieda un animo disposto alla composizione materica e cromatica. I concetti si possono esprimere in moltissimi modi, ma ce ne sarà sempre uno, da occhi strizzati, capace di rendere la pagina un meccanismo dall'incastro perfetto.
La mia maestra faceva Crotti di cognome... non è strana la vita?

-        Hai in serbo una nuova storia per noi?
Sì, in realtà ho in mente due storie.
Due storie di amore e presenza, molto diverse tra loro. Ultimamente, mi sto interrogando molto sul senso dei rapporti e di quanto molto spesso si limiti l'amore a una relazione tra uomo e donna, perdendosi tristemente tutta l'infinita gamma di sfumature (anche qui, da occhi strizzati!) che lo caratterizzano.
Sto anche lavorando a una storia seriale, la mia più grande sfida del momento. Il tempo delle storie raccontate mi affascina, infatti, a livelli difficilmente quantificabili!
  
-        Nomina uno dei tuoi romanzi preferiti di sempre.
Questa domanda mi mette in difficoltà, ma, conoscendomi, credo si tratti di semplice ansia da prestazione!
Per uscire dall'impasse, citerò il primo libro che mi ha fatto pensare che non avrei mai più vissuto un'esistenza felice senza libri, si tratta de La Ragazza di Bube di Carlo Cassola. Ero alle medie e mi venne data una lista di libri da leggere per le vacanze. Ne scelsi uno e fui fortunata.
La Ragazza di Bube fu una rivelazione: i libri non erano affatto noiosi! Potevano parlare anche di me. Potevano descrivere la semplicità e l'amore, il male ai piedi e arrivare persino a canticchiare una canzone romantica.
Da quando ho letto libri appassionanti, mi è presa un'insana voglia di scriverne di miei, tentando di stimolare negli altri la stessa passione che ho sempre provato io.

-        Se ti dovessero paragonare a un grande autore del passato, a chi vorresti essere paragonata? (Spara pure alto senza timidezza. In fondo, anche i sogni sono letteratura)
Sparo altissimo, sarete fiere di me: vorrei essere paragonata alla me del prossimo sfavillante futuro che ho sognato sin da bambina. Sempre stata ottimista, io.







Fotografie: ©zeldawasawriter.com
Non avete ancora letto il libro? Lo trovate qui!
Camilla, invece, la trovate sul suo blog.

5 commenti:

  1. Io ho amato molto Farfalle in un lazzaretto e aspetto con ansia le prossime storie

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  2. Anche io non vedo l'ora di conoscere nuovi personaggi (o ritrovare quelli "vecchi") nel tuo nuovo libro :)

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  3. io ammiro tantissimo Camilla e le auguro davvero lo sfavillante futuro che sogna e....forza che qui si aspetta il secondo libro! :)

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  4. Gli editori dai lunghi contatti li conosco bene, sono come la peste: da evitare, non è possibile che trascinino le cose tanto a lungo. Ottima quindi la scelta del self publishing.
    Camilla/Zelda ti so molto amata, e ti auguro che il tuo futuro sia sempre all'altezza dei tuoi sogni. sandra
    http://ilibridisandra.wordpress.com

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  5. Confido nell'ispirazione di Camilla e nelle suggestioni di un'estate ritardataria. Penso che non dovremo attendere poi molto

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